“Comunque… Adesso è di proprietà della sorella del signore. E lo usa come cantina. Buona giornata”
Alberto vorrebbe mettersi a piangere ma non vuole assolutamente la compassione del signore col cane.
Saluta educatamente e poi, quando il signore si era allontanato, Alberto cade in ginocchio e piange tirando pugni al terreno. L’incazzatura è talmente evidente che ogni pugno è un buco nel terreno.
Alberto è talmente arrabbiato che al massimo dell’incazzatura strabuzza gli occhi e sviene sul terreno. Dopo pochi secondi si ritrova a fissare, da dentro la sua macchina, quell’animale che nella boscaglia gli si era parato davanti, cioè il momento in cui tutto era iniziato.
Alberto necessitò qualche secondo per razionalizzare tutto quello che era successo. Non capiva se fosse stato un sogno oppure altro. Ma si decise di riprendere la marcia con la macchina, e ricordandosi di quello che doveva fare, non fece altro che riprendere la sua vita.
Percorsa la strada che dalla boscaglia portava vicino al supermercato, arrivò davanti al parcheggio e vide un autostoppista con un cartello in mano con su scritto il nome della capitale che distava una decina di chilometri. Alberto decise di far salire l’autostoppista e inoltre si disse che sarebbe potuto andare anche alla lavanderia a ritirare le camicette della moglie.
I due in macchina parlarono molto animatamente. Fino a che lui non capì che il ragazzo era gay. Avrebbe potuto dirgli che potevano magari avere una relazione clandestina. Che magari più avanti con il tempo le cose sarebbero cambiate. Ma non gli disse nulla di questo genere.
Alberto accompagnò il ragazzo alla stazione e si fece dire quale meta avrebbe scelto.
Il ragazzo disse la Francia.
Alberto prese un rapido appunto su un foglietto di numero di telefono e anche possibile indirizzo principale a cui scrivere una mail.
“In fondo la Francia non è il mio paese” si disse Alberto.
Fine